La ‘morfogenesi dell’ordinamento giuridico’ in Vittorio Frosini[1]
di Federico Costantini

[81] Frosini, voce “Ordinamento Giuridico (filosofia)”, cit., p.652.

[82] Posso citare Karl Barth, Paul Johannes Tillich e Rudolf Karl Bultmann. Vedasi in merito Carlo Angelino, Contributi a una bibliografia ragionata sull’etica della situazione nel pensiero tedesco del Novecento, in appendice a Aa. Vv., L’etica della situazione, cit., p.555. Per un approfondimento ho trovato molto utile Aa. Vv., Dio nella filosofia del Novecento, a cura di Giorgio Penzo e Rosino Gibellini (Biblioteca di teologia contemporanea, n. 75), Brescia 1993.

[83] Secondo Fabro, il superamento del valore permanente nella morale sarebbe fondato sul piano teoretico dall’eliminazione della tensione tra essere e divenire. Ciò avverrebbe per due vie, a seconda della prospettiva adottata: «l’essere passa e si dissolve nel divenire – e sono le filosofie di tipo eracliteo-hegeliano […] oppure in quanto il divenire è riportato all’unità e identità dell’essere e della sostanza – e sono le filosofie di tipo parmenideo-spinoziano», da qui le critiche del filosofo friulano, Cornelio Fabro, Il valore permanente della morale, in Id, L’ avventura della teologia progressista, Milano 1974, p.176, testo della relazione presentata ad un convegno dei Giuristi Cattolici nel 1969. In appendice si riporta il riassunto della successiva discussione. Vedasi inoltre Id, L’uomo e il rischio di Dio, Roma 1967, p.433. È evidente che tale orientamento giungeva inevitabilmente a distruggere l’oggetto stesso della teologia, ossia l’esistenza ed il significato di Dio. L’etica della situazione venne rifiutata dalla dottrina della Chiesa cattolica, in particolare in due discorsi di Pio XII sulla formazione della coscienza cristiana (marzo e aprile 1952) e con l’Istruzione del S. Uffizio (2 febbraio 1956), in “Acta Apostolicae Sedis” XLIV (1952), p.270, p.413 e XLVIII (1956), p.145. Giova sottolineare che anche il discusso teologo conciliare Karl Rahner si espresse criticamente nei confronti del nuovo atteggiamento filosofico, in merito Antonio Poppo, La «Situationsethik» e i problemi della coscienza cristiana, in Aa. Vv., L’etica della situazione, cit., p.432.

[84] Teologo e pastore protestante, morì nel campo di Flossenburg, giustiziato il 9 aprile 1945 a 39 anni per aver partecipato al secondo attentato ad Hitler. Vedasi in merito Antonio Russo, Teologia e filosofia della religione dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi, in Aa. Vv., Grande Antologia Filosofica, aggiornamento bibliografico, a cura di Antimo Negri, vol. XXIV, Milano 1985, p.927. Si sarebbe assistito ad una vera e propria riscoperta del suo pensiero soltanto dopo il 1963, anno di pubblicazione di un commento per opera di J. A. T. Robinson.

[85] Cito l’opera fondamentale, che scatenò la riscoperta di Bonhoeffer, John Arthur Thomas Robinson, Honest to God (1963), trad. it. Dio non è così, Firenze 1965.

[86] Egli, ordinato pastore episcopale, rinunciò al suo incarico e si proclamò ateo. Si veda il suo scritto principale, Joseph Fletcher, Situation Ethics: The New Morality , Philadelphia 1966.

[87] Il significato immanentistico dell’amore può essere confermato dal fatto che anche i filosofi neoidealisti si riferiscono ad esso negli stessi termini. Per quanto riguarda in particolare la riflessione giusfilosofica, mi pare esemplificativa la critica a Luigi Bagolini formulata da Nava, Il diritto naturale come struttura della persona, cit., p.87

[88] Fabro, Il valore permanente della morale, cit., p.206.

[89] Tralasciando questioni teologiche, che si sono trascinate dalla Riforma protestante sino al situazionismo etico, che viene peraltro definito da taluni come Seconda Riforma, credo sia d’obbligo citare un pensatore che negli stessi anni formulò interessanti teorie in merito alla diversa influenza di protestantesimo e cattolicesimo nella società ed in particolare sul significato del lavoro (Beruf, in tedesco) nel pensiero luterano, Max Weber, Die Protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1905), consultato nell’edizione italiana con introduzione di Giorgio Galli e traduzione di Anna Maria Marietti, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (B.U.R. Classici del pensiero), 200514 . Mi pare evidente che la mistica dell’attività pratica sia conforme ad un atteggiamento oggi molto condiviso. In questo senso l’etica della situazione, sebbene contrastata a livello ufficiale, si è incardinata profondamente nei luoghi comuni della cultura contemporanea.

[90] La conferma dell’assunto idealistico di tale posizione è fornita dallo stesso filosofo, il quale espressamente contempla la necessità di una «oggettivazione del soggetto», Pietro Piovani, Ragioni e limiti del situazionismo etico, in Aa. Vv., L’Etica della situazione , cit., p.544. È evidente che la valenza etica del hic et nunc determina non soltanto il superamento della teodicea, ma anche dello storicismo.

[91] «a noi […] la natura del diritto appare intrinseca al mondo dell’azione (che è dominio dell’etica), ma in quanto forma riflessiva, non transitiva, dell’azione stessa; ossia, come condizione di conoscibilità e comunicabilità dell’azione, e non come suo elemento finalistico e valutativo in senso morale; perciò l’azione stessa, in quanto slancio di vita, ci appare il termine costante di riferimento del giudizio etico», Frosini, La struttura del diritto, cit., p.96.

[92] Frosini , Etica della regola ed etica dell’eccezione, in Aa. Vv., L’Etica della situazione , cit., p.419.

[93] «il soggetto etico è […] l’agente-con-intenzione, collocato al centro dell’evento, che si impegna nella situazione in modo tale, da far corpo con essa, da immedesimarsi cioè e consumare intero il suo impulso morale in quell’unicum, che è il caso singolare e concreto, in cui egli è venuto a trovarsi», Frosini, Etica della regola ed etica dell’eccezione, in Aa. Vv., L’etica della situazione, cit., p.415.

[94] Il messianismo consiste propriamente nell’attesa di un profeta, liberatore o redentore – un singolo o un gruppo sociale – inviato dalla divinità ad instaurare un nuovo ordine cosmologico, come spiega Gerardo Cunico, Ripensare il messianismo, in “Humanitas” (2005), p.5. Il saggio costituisce l’introduzione al volume 1-2 dell’anno 2005, interamente dedicato al tema messianico. Ai fini del presente discorso conta comprendere che per Frosini è l’individuo ad essere “messia” di se stesso, data la connotazione immanentistica dello spiritualismo cui aderisce l’Autore. Di per sé il messianismo – a prescindere dal riferimento alla figura personale del “messia”, appunto – potrebbe essere facilmente ricollegato all’antitesi tra “regno del presente” e “regno futuro” proposta dallo gnosticismo, come si vedrà nel capitolo successivo.

[95] In questo senso è estremamente suggestivo che nel pensiero del Bonhoeffer sia improntato ad una cristologia sub specie goethiana, essendo qualificata la figura di Gesù come Gestalt, mediatore tra Dio e il mondo – una sorta di demiurgo teologico che riprende la dicotomia gnostica tra i due Regni, Spirituale e Terreno – che al contempo rappresenta entrambi: «il nome di Gesù contiene in sé l’intera umanità e la totalità di Dio», Dietrich Bonhoeffer, Ethik (I ed. 1949), pubblicato in italiano con introduzione di Italo Mancini e traduzione di Aldo Comba, Etica (La Ricerca Religiosa), Milano 1969, p.63. Sul teologo tedesco, vedasi Piergiorgio Grassi, Etiche della responsabilità. Da Max Weber a Bonhoeffer, in “Humanitas” (2006), p.604.

[96] «il riconoscimento che l’azione operata dall’individuo (che è il solo soggetto etico esistente) in una determinata situazione, è morale allorquando essa comporta l’impegno del soggetto, ed è in questo senso più o meno morale, secondo il peso, per così dire, che l’individuo vi getta della propria responsabilità, mettendo in giuoco, in quella circostanza di vita, più o meno se stesso, cioè una posta più elevata», Frosini, La struttura del diritto, cit., p.96. In realtà devo riconoscere che l’Autore scrive «Il più convincente assertore della “morale della situazione”, è stato, nella tradizione della civiltà mediterranea, Gesù Cristo; questo è stato chiarito in maniera convincente ed anzi, a mio giudizio, incontrovertibile, dal Prof. Bultmann nel suo libro su Gesù, pubblicato a Tübingen nel 1926», Id, Diritto di vivere diritto di morire, in Id, L’uomo artificiale, cit., p.210. Senza entrare nel merito della questione, ritengo che l’interpretazione immanentista sia senz’altro quella più conforme allo spirito frosiniano e che quindi al testo frosiniano debba essere attribuito un significato consono a tale orientamento. Non è molto distante da tale posizione il recente lavoro di un teologo italiano, il quale intenderebbe presentare il cristianesimo ad una “coscienza laica” sulla base del “primato del Logos”. Da ciò ne deriverebbe che «la salvezza dell’anima dipende dalla riproduzione a livello interiore della logica ordinatrice che è il principio divino del mondo», Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, pubblicato con una lettera di Carlo Maria Martini (Scienza e Idee), Milano 2007, p.311. In tale concezione mi sembra di poter ravvisare una sorta di “isomorfismo” morfologico tra la logica interiore e la struttura del creato e dunque un’impronta naturalistica.

[97] Frosini, Etica della regola ed etica dell’eccezione, in Aa. Vv., L’Etica della situazione, cit., p.425. Questa posizione è conservata dall’Autore, come può confermare il fatto che espressioni simili si ritrovano in un’opera di vent’anni successiva, Frosini, La democrazia nel XXI secolo, cit., p.120.

[98] Vittorio Frosini, Il soggetto del diritto come situazione soggettiva, in “Rivista di Diritto Civile” (1969), 3, p.242.

[99] L’Autore, infatti, scrive che essa rappresenta «in forma di concezione filosofica e di interpretazione teologica, lo stato di stanchezza e di smarrimento dello spirito cristiano dopo la tragedia dell’esperienza nazista e della guerra», Frosini, Etica della regola ed etica dell’eccezione, in Aa. Vv., L’Etica della situazione, cit., p.417; inoltre essa comporta «la necessità logica di un ribaltamento integrale, o di una renovatio, che dovrebbe segnare una cesura nel corso storico, una inversione di tendenza del comune sentimento morale», Ibidem, p.421.

[100] Egli vi dedicò integralmente il quinto ed ultimo capitolo.

[101] Frosini, La società tecnologica e i diritti di libertà, in Id, II diritto nella società tecnologica, cit., p.199.

[102] Essa «rappresenta la piena presa di coscienza dell’uomo contemporaneo nella nuova società in cui egli vive: essa è la società dell’informazione, che viene diffusa e recepita in forma massificata, con un’estensione di dimensione planetaria, coinvolgendo perciò culture, ideologie e religioni diverse fra loro e prima divise dal muro dell’incomunicabilità. Essa è anche la società dei consumi, ossia della possibilità offerta all’uomo di scegliere liberamente quei beni e servizi, non solo materiali, di cui egli intende usufruire per attuare la sua natura di vocazione al benessere, anzi alla felicità, il pursuit of happiness proclamato fra i diritti dell’uomo dalla rivoluzione americana. È la società in cui si viene delineando una nuova forma di relazione sociale e politica, la democrazia di massa, nella quale l’individuo non viene inglobato e privato della sua identità, ma vi mantiene la sua capacità di iniziativa e di solidarietà attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di massa, che consentono lo stabilirsi di un nuovo rapporto fra governanti e governati», Frosini, La democrazia nel XXI secolo, cit., p.125.

[103] Il riferimento al padre del nichilismo contemporaneo sarebbe legittimato anche dalla constatazione che lo stesso Nietzsche definì la psicologia come «morfologia e teoria dello sviluppo della volontà di pontenza», Friedrich Wilhelm Nietzsche, Al di là del bene e del male, af. 23, ora in Opere di Friedrich Nietzsche, edizione italiana diretta da Giorgio Colli e Mazzino Montinari, vol. VI, tomo II, Milano 1968, p.28. La versione originale è: «Morphologie und Entwicklungslehre des Willens zur Macht», Id, Jenseits von Gut und Böse (I ed. 1886), ora in Nietzsche Werke, edizione critica, ab. VI, bd. II, Berlino 1968, p.28. L’espressione è riportata peraltro anche in Martin Heidegger, La sentenza di Nietzsche: Dio è morto, in Id, Sentieri interrotti, Firenze 1968, p.216. Mi sembra il caso di sottolineare come per il filosofo svizzero fosse possibile, per una psicologia concepita come morfologia, assurgere a “signora delle scienze” e – cosa ancora più significativa ai fini della cibernetica – navigare con “la mano salda sul timone” abbandonando i “pregiudizi morali”. Può essere altresì significativa l’influenza della morfologia goethiana su Freud, vedasi Joseph Margolis, Goethe and Psychoanalysis, in Aa. Vv., Goethe and the Sciences: a Reappraisal, cit., p.83.

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