Intorno ai fondamenti dei diritti fondamentali
di Francesco Gentile

Ora, è indiscutibile che all’origine delle dichiarazioni dei diritti dell’uomo sia riconoscibile l’influenza esercitata dal razionalismo sulla politica e sulla scienza giuridica con la creazione delle geometrie politico-legali moderne [25], ma sarebbe un errore, anche filologico, non riconoscere come vi sia presente un senso acuto della necessità di ridimensionare la sovranità, quale principio costitutivo del giuridico, e quindi la precisa intenzione di superare la concezione del soggetto pubblico come legibus solutus. “Prima di ogni forma di ordinamento esistono dei diritti nell’uomo stesso, a partire dalla sua natura. L’idea dei diritti dell’uomo è, in questo senso, anzitutto un’idea rivoluzionaria: essa si pone contro l’assolutismo dello Stato, contro l’arbitrio della legislazione positiva – così scriveva il cardinale Ratzinger a proposito di Libertà e verità in occasione dell’ottavo centenario della nascita di sant’Antonio da Padova – Ma è anche un’idea metafisica: nell’essere stesso dell’uomo si fonda una pretesa etica e giuridica. Non è cieca materialità, che si possa poi modificare secondo la mera convenienza. La natura reca in sé uno spirito, porta in sé stessa ethos e dignità e costituisce così il diritto alla nostra liberazione e ne è insieme la misura. Questo, in fondo, è sostanzialmente il concetto di natura di Romani 2, ispirato alla Stoa e trasformato a partire dalla teologia della creazione che qui incontriamo: i pagani conoscono la legge per natura e sono così legge a sé stessi (cfr. Rm 2, 14)”[26]. Evocati quali limiti dell’arbitrio del legislatore, i “diritti umani” si iscrivono, lo si voglia o non, in una tradizione di pensiero di cui il Cristianesimo, la Metafisica classica e la Giurisprudenza romana costituiscono gli assi portanti[27], e in un certo senso garantiscono l’ultima, e forse la sola, resistenza alla deriva “disumana” a cui oggi sembra esposta l’esperienza del diritto puramente legale[28].

Non si deve infatti sottovalutare l’esito, fallimentare per lo sviluppo del dinamismo impresso all’esperienza giuridica contemporanea dalla proclamazione dei diritti umani, derivante da una loro coniugazione nei termini esclusivamente razionalistici che, come abbiamo visto, ne hanno compromesso le straordinarie potenzialità con l’inglobamento nel sistema della geometria politico-legale. La presa d’atto di questo fallimento, di cui le tracce si vedono un po’ da per tutto, si pensi alla malinconica vicenda della c. d. Costituzione europea, prodotto guarda caso di una Convenzione presieduta da Giscard d’Estaing, proprio quello che alla fine del secolo scorso non poteva attraversare a piedi gli Champs Elisées, rende evidente che solo su altre basi i diritti dell’uomo possono trovare fondamento. Risalendo alle “radici cristiane” dell’Europa[29]. E non credo che si possa dir meglio la cosa di quanto non abbia fatto il futuro Benedetto XVI° in un interessante confronto con Jürgen Habermas nel gennaio del 2004 alla Katolische Akademie in Bayern. “Come ultimo elemento del diritto naturale, che nella dimensione più profonda voleva essere un diritto razionale, nell’epoca moderna sono rimasti i diritti umani. Essi non si possono comprendere senza il presupposto che l’uomo come uomo, semplicemente a motivo della sua appartenenza alla specie uomo, è soggetto di diritto, che il suo stesso essere porta in sé valori e norme, i quali si devono trovare, ma non inventare. Forse oggi la dottrina dei diritti umani dovrebbe essere integrata con una dottrina dei doveri umani e dei limiti dell’uomo, e ciò potrebbe ora comunque aiutare a rinnovare[30] il problema se non possa darsi una ragione della natura e così un diritto naturale per l’uomo e per il suo dimorare nel mondo. Un dialogo di tal genere oggi dovrebbe essere esposto e impostato a livello interculturale. Per i cristiani esso avrebbe a che fare con la creazione e col Creatore[31]. Nel mondo indiano corrisponderebbe a questo il concetto del dharma, dell’intrinseca struttura dell’essere secondo leggi, nella tradizione cinese l’idea degli ordinamenti del Cielo (Tien)”[32].

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[1] Nel corso dell’anno1947 l’Unesco svolse un’inchiesta sui problemi teorici che la redazione di una Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo avrebbe sollevato. Un questionario, con sei domande relative ai problemi di carattere generale e venticinque a quelli particolari, venne inviato agli intellettuali più noti dei diversi paesi membri dell’organizzazione internazionale. Al Mahatma Gandi e ad Harold J. Laski, a Salvador de Madariaga e ad Eduard H. Carr, a Benedetto Croce e a Teillard de Chardin, a Sergius Hessen e a Boris Tchechko, a Chung Shu Lo e ad Aldous Huxley, per non ricordarne che alcuni. (I diritti dell’uomo, Testi raccolti dall’Unesco, Milano, 1960)

[2] Op. cit., p. 12.

[3] Op. cit., p. 11.

[4] Cfr. D. CASTELLANO, Razionalismo e diritti umani. Dell’antifilosofia politico-giuridica della modernità, Giappichelli, Torino, 2003.

[5] Op. cit., p. 1.

[6] Cit. da La déclaration des droits de l’homme e du citoyen, a cura di Stéphan Rials, Hachette, Paris 1988, p. 492, tratto dalla traduzione francese curata da Thomas Jefferson.

[7] “La storia dell’attuale Re di Gran Bretagna è la storia di una serie d’ingiustizie e d’usurpazioni ripetute, aventi tutte l’obiettivo diretto di stabilire una tirannia assoluta sugli Stati (d’America). Per provarlo, sottoponiamo i fatti al mondo imparziale: S’è rifiutato di sancire leggi le più salutari e le più necessarie al bene pubblico. (…) S’è rifiutato di sancire leggi adeguate per l’organizzazione dei grandi distretti, a meno che il popolo di questi non fosse disponibile a rinunciare al diritto d’essere rappresentato in sede legislativa, diritto inestimabile per un popolo che non minaccia se non i tiranni. Ha convocato delle Assemblee legislative in luoghi inusitati, scomodi e lontani dalla sede naturale, al solo scopo d’ottenere da loro, con la fatica, l’adesione ai suoi provvedimenti. A varie riprese ha sciolto le Camere di rappresentanza poiché s’opponevano con maschia fermezza ai suoi attentati ai diritti del popolo. (..) Ha cercato d’ostacolare la crescita della popolazione di questi Stati (d’America). A questo scopo ha impedito l’esecuzione delle leggi sulla naturalizzazione degli stranieri; s’è rifiutato di farne altre per incoraggiare l’emigrazione in queste contrade e ha reso più difficili le condizioni per la nuova acquisizione di terra. Ha intralciato l’amministrazione della giustizia rifiutando la sua sanzione a leggi per lo stabilimento del potere giudiziario. Ha reso i giudici dipendenti dalla sua volontà, per la permanenza nei loro uffici e il pagamento dei loro stipendi. Ha creato un’infinità d’impieghi e ha inviato in questo paese uno sciame di nuovi impiegati per vessare il popolo e divorarne il patrimonio. Ha mantenuto, fra noi, in tempo di pace, un’armata permanente senza il nostro consenso. Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dall’autorità civile e di sovrapporlo ad essa. Si è coalizzato con altri per sottometterci ad una giurisdizione estranea alle nostre Costituzioni e non riconosciuta dalle nostre leggi conferendo la sua sanzione ad atti di una pretesa legislazione avente per obiettivo (..) di distruggere il nostro commercio con tutte le parti del mondo; d’imporci tasse senza il nostro consenso; di privarci del beneficio della procedura giudiziaria; di trasportarci oltremare per giudicarci di pretesi delitti; di abolire in una provincia vicina il sistema liberale delle leggi inglesi, di stabilirvi un governo arbitrario, di ridurne i limiti, al fine di fare di questa provincia un esempio e uno strumento per introdurre lo stesso governo assoluto nelle nostre colonie; di ritirare le nostre carte, d’abolire le nostre leggi più preziose e di alterare le forme essenziali dei nostri governi; di sospendere le nostre leggi proprie e di dichiararsi investito, lui, del potere di far leggi obbligatorie, per noi, in ogni campo. Ha abdicato al governo del nostro paese, dichiarandoci esclusi dalla sua protezione e facendoci la guerra. Ha predato i nostri mari, devastato le nostre coste, bruciato i nostri villaggi e massacrato in nostri concittadini. In questo momento sta trasportando grandi armate di mercenari stranieri per portare a termine l’opera di morte, di desolazione e di tirannia che ha iniziato con crudeltà e perfidia di cui è difficile trovare esempio nei secoli più barbari e che sono del tutto indegni del capo di una nazione civile. Ha sobillato fra di noi l’insurrezione domestica e ha cercato di attirare sugli abitanti delle nostre frontiere gli Indiani, questi selvaggi senza pietà, il cui modo di fare la guerra è quello di massacrare chiunque, senza differenza d’età, di sesso o di condizione. Sotto tutte queste pressioni, noi abbiamo chiesto giustizia nei termini più umili; le nostre petizioni ripetute non hanno avuto in risposta che altre ripetute ingiustizie. Un principe il cui carattere è segnato da tutto quanto connota un tiranno non è degno di governare un popolo libero” (Op. cit., pp. 493-494).

[8] Op. cit., pp. 494-495.

[9] Cfr. P. GROSSI, Epicedio per l’assolutismo giuridico, “Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno”, XVII (1988).

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