SUL SIGNIFICATO DELLE PAROLE NELL’UNIVERSO DI DISCORSO GIURIDICO. NOTE INTORNO ALLA TRADUZIONE GIURIDICA.
di Paola Murer

4. Conclusioni.

Per quanto riguarda la questione relativa alla traduzione di un testo giuridico che ritrovi il proprio ambito di applicazione nella già richiamata legge n. 218 del 1995, il testo tradotto necessariamente dovrebbe esprimere la cultura giuridica di provenienza; difatti, ai sensi dell’articolo 15, "la legge straniera è applicata secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel tempo". Come si sottolineava all’inizio di questo breve excursus è richiesta all’autorità competente, ex articolo 14, non solo la capacità di reperire il testo, la competenza linguistica nel trasporlo nella propria lingua ma anche la conoscenza della cultura giuridica del paese in cui la disposizione si colloca, di modo che la norma che da questa deriva sia perfettamente integrata con l’ordinamento di provenienza. Soltanto compiuta questa complessa operazione, l’autorità competente valuterà gli effetti della norma nel nostro ordinamento; infatti, come stabilisce l’articolo 16, comma primo, "la legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico". Si tratta, quindi, di "drammatizzare" l’interpretazione-applicazione della disposizione sia nella cultura giuridica di provenienza che in quella di arrivo.
Più in generale, indicazioni relative a come impostare una operazione di traduzione giuridica del testo e come ovviare a problemi insiti alle varie lingue (da come superare il problema della mancanza del termine corrispondente, alla necessità di utilizzare perifrasi per rendere nella lingua d’arrivo un dato istituto) vengono offerte dalla dottrina comparatista .
Nell’ambito della contrattualistica internazionale i problemi di traduzione possono venire, se non totalmente risolti sicuramente ridotti, anche attraverso l’uso di definizioni stipulative , ovvero di "definizioni che propongono di usare un certo vocabolo o sintagma in un modo determinato a preferenza di altri". Non a caso la stessa Camera di Commercio Internazionale di Parigi, nell’ultima revisione dei suoi Incoterms, fa premettere la vera e propria descrizione degli stessi con una serie di definizioni stipulative sia di termini mutuati dalla lingua inglese (come shipper), che di termini delle lingue nazionale (come consegna, oneri, luogo, porto e così via) . Non in modo dissimile si pone l’Unidroit, che offre all’articolo 1.10 dei suoi Principes relatifs aux contrats du commerci international delle definizioni stipulative di termini quali tribunal, établissement, débiteur, créancier, écrit .
Va altresì rilevato che sussiste la tendenza a promuovere di un linguaggio giuridico interculturale, quindi non legato ad una lingua egemone, come potrebbe apparire l’inglese . Di questo ambizioso progetto si fa promotore, fra gli altri, l’Unidroit ; ma non appare fuori luogo rilevare come sarà la vita stessa del diritto, strumento principe di comunicazione soprattutto nelle relazioni commercial, ad offrire una soluzione (sempre aperta e perfettibile) a questo problema.

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