SU ALCUNE NUOVE TENDENZE DELLA FILOSOFIA GIURIDICA E POLITICA TEDESCA: l’ultimo contributo di Axel Honneth
di Ugo Pagallo

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Come è stato autorevolmente sostenuto, assistiamo in questi ultimi tempi ad una sorta di Anerkennung Renaissance. Concetto in voga tra i giuristi già tra Sette e Ottocento – penso a Die letzten Gründe von Recht, Staat und Strafe (1813) di Karl Theodor Welcker, per tacere della riflessione di Hegel o, prima ancora, di quella di Fichte -, sono stati dedicati al tema del riconoscimento, numerosi contributi. Tra i tanti, ci limitiamo a ricordare in questa sede gli studi di Charles Taylor (Multiculturalismo: la politica del riconoscimento è del 1992), di Hasso Hofmann (v. la nostra recensione alla Introduzione alla filosofia del diritto e della politica, in "L’Ircocervo", 2003, n. 2); nonché, but not least, il volume di Axel Honneth, Kampf um Anerkennung. Grammatik sozialer Konflikte (1992), tradotto recentemente in italiano per i tipi del Saggiatore: Lotta per il riconoscimento. Proposte per un’etica del conflitto (Milano, 2002).

Rispetto alle quattro dimensioni teoretiche fondamentali che presenta o propone il concetto di riconoscimento – vale a dire, come abbiamo riferito in Alle fonti del diritto. Mito scienza filosofia (Giappichelli, Torino 2002): la sfera dell’intersoggettività, la logica della fondazione, lo spessore "obiettivo" istituzionale e l’orizzonte temporale in cui s’intrecciano i profili diacronici e sincronici del conoscere "nuovamente" il nuovo: v. op.cit., pp. 224 sgg. -, l’analisi di Axel Honneth privilegia il primo settore di ricerca. Muovendo dagli studi del giovane Hegel e di Mead, cui sono dedicati, rispettivamente, le prime due parti del volume, Honneth intende pervenire in Kampf um Anerkennung, ad un "concetto formale di etica" in grado di dar conto (o mediare) le opposte tendenze contemporanee del comunitarismo (specie di quello nordamericano) e le teorie (per lo più di matrice tedesca) dell’agire comunicativo declinato proceduralmente.

Gli aspetti propositivi della ricostruzione honnethiana possono essere riassunti in tre punti principali:

La sfera dell’intersoggettività implicita nel concetto di riconoscimento, dischiude tre diversi livelli di socialità: "questi tre tipi di riconoscimento corrispondono all’amore, al diritto e alla solidarietà. Con essi sono fissate quelle condizioni formali dei rapporti di interazione, nel cui ambito gli esseri umani possono essere certi della loro ‘dignità’ o integrità" (v. anche Riconoscimento e disprezzo. Sui fondamenti di un’etica post-tradizionale, tr.it. Rubbettino, Catanzaro 1993, p. 30);

La "struttura dei rapporti di riconoscimento sociale" che lo studioso tedesco delinea in Lotta per il riconoscimento (v. lo schema complessivo in op.cit., p. 157), muove dall’assunto, presente già in Hegel come in Mead, "che il motore di questi cambiamenti direzionati sia una lotta attraverso la quale i soggetti cercano ininterrottamente di amplificare i propri diritti garantiti intersoggettivamente e quindi di aumentare il grado della loro autonomia personale" (op.cit., p. 105);

Muovendo dalla tesi generale che "la riproduzione della vita sociale avviene sotto l’imperativo di un reciproco riconoscimento, poiché i soggetti possono giungere a una relazione pratica con sé solo se imparano a concepirsi nella prospettiva normativa dei loro partner nell’interazione, come i loro interlocutori sociali" (op.cit., p. 114), Honneth giunge alla conclusione che "quell’imperativo ancorato nel processo della vita sociale agisce come un obbligo normativo che costringe gli individui alla progressiva estensione del contenuto del riconoscimento reciproco" (ibidem). Sicché, "con l’estensione a un numero sempre maggiore di membri della società (…) riconoscersi reciprocamente come persone giuridiche, oggi significa più di quello che poteva significare all’inizio dello sviluppo del diritto moderno: quando un soggetto ottiene riconoscimento giuridico gli viene accreditata non soltanto la capacità astratta di orientarsi sulle norme morali, ma anche la possibilità concreta di acquisire lo standard sociale delle condizioni di vita necessarie a esercitare tale capacità" (op.cit., p. 143).

Sulla base di queste premesse – per cui un’attenzione particolare andrebbe riservata alle considerazioni svolte sui concetti di "amore" (pp. 131 sgg.), "diritto" (pp. 137 sgg.), "stima" (pp. 143 sgg.) e "solidarietà" (cfr. specie p. 155) -, Honneth, come detto, mira a proporre un "concetto formale di eticità" che sfugga tanto ai condizionamenti storico-culturali o, semplicemente, ideologici, che spesso affliggono, ad esempio, le odierne riflessioni del dibattito tra i "comunitaristi" (McIntyre, Sandel, Taylor, etc.), quanto l’astratta atemporalità cui vanno per lo più a parare i diversi contributi circa una teoria dell’agire comunicativo (per la critica che l’allievo Honneth rivolge al maestro Habermas, si v. Critica del potere. La teoria della società in Adorno, Foucault e Habermas, tr.it. Dedalo, Bari 2002, pp. 359 sgg.). Se infatti "la nozione di eticità designa qui l’insieme delle condizioni intersoggettive delle quali si può dimostrare che fungono da presupposti necessari dell’autorealizzazione individuale" (Lotta per il riconoscimento, cit., p. 202), d’altra parte, aggiunge Honneth, "il concetto formale perde la sua atemporalità in quanto viene di volta in volta a dipendere ermeneuticamente da un presente ineludibile" (op.cit., p. 204).

È proprio di qui, tuttavia, e cioè, dal necessario radicamento della teoria critica riflessiva nella praxis, che emerge il lato debole della pur stimolante ricostruzione che Honneth offre sul concetto di Anerkennung. Penso al capitolo centrale della pars construens del libro – il quinto, dedicato ai "modelli di riconoscimento intersoggettivo: amore, diritto, solidarietà" -, in cui, innanzi alla domanda di "che cosa significa che un soggetto [sia] capace di agire autonomamente", per Honneth "basta un semplice sguardo allo sviluppo fattuale assunto dall’attribuzione dei diritti soggettivi nelle condizioni post-tradizionali a mettere in luce la direzione seguita da questi cambiamenti" (op.cit., p. 139). Riprendendo il "celebre tentativo" di Thomas H. Marshall, si può così dire che "nel diciottesimo secolo vengono affermati i diritti di tipo liberale, nel diciannovesimo si impongono quelli legati alla partecipazione politica, nel ventesimo, infine, i diritti sociali miranti a ottenere il benessere. In questa suggestiva affermazione – conclude Honneth -, successivamente precisata e affinata, è importante per i nostri scopi la tesi che lega storicamente l’affermazione di ogni classe di diritti fondamentali ad argomenti implicitamente riconducibili all’esigenza di una piena appartenenza alla comunità politica" (op.cit., p. 141).

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