P. PASQUALUCCI, Metafisica del soggetto. Cinque tesi preliminari – Vol. I Ed. Spes, Roma 2010, pp. 188
di Tommaso Opocher
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L’ultima opera di Paolo Pasqualucci, professore emerito di Filosofia del diritto all’Università di Perugia, si propone di esplorare le radici metafisiche «dell’ordine che il pensiero, indagando sé stesso, individua nel soggetto pensante» (p. 29); una metafisica del soggetto, appunto, ottenuta attraverso l’indagine scrupolosa del modo di operare del pensiero umano, un lavoro di vera e propria introspezione che – precisa l’Autore – «chiunque potrebbe fare» (p. 37).
Lo studio di Pasqualucci si richiama alla tradizione del realismo gnoseologico di origine aristotelico-tomistica, riproposto di recente al pubblico italiano dalla riscoperta del pensiero di Cornelio Fabro. In Percezione e pensiero (1962, ora in C. Fabro, Opere complete, Segni, 2008) Fabro integra in modo originale i dati acquisiti dalla psicologia contemporanea con la gnoseologia di Aristotele e San Tommaso. Lo stesso cerca di fare l’Autore, col chiaro intento di dimostrare la correttezza delle tesi classiche avvalendosi del conforto delle più recenti acquisizioni della psicologia contemporanea.
Pur non manifestando alcun obiettivo polemico, l’opera di Pasqualucci si pone in esplicita antitesi col neo-idealismo italiano (in particolare quello gentiliano), secondo il quale il pensiero si realizza come identità assoluta di soggetto ed oggetto, in aperto contrasto con la prospettiva del realismo gnoseologico. L’assunto gentiliano implicherebbe, a parere dell’Autore, l’accettazione dell’assioma kantiano secondo il quale «si deve ammettere la presenza perenne, anche solo implicita, della coscienza in tutta la nostra attività conoscitiva, a cominciare da quella dei sensi» (pp. 181-182). La critica a questo assioma fondamentale – assorbito, secondo Pasqualucci, dall’idealismo tedesco e dal pensiero moderno e contemporaneo – costituisce il nucleo centrale di questo primo volume (per ora il solo pubblicato) della sua opera e la premessa di quelli successivi.
Nell’introduzione l’Autore enuncia e descrive sommariamente le cinque tesi preliminari, tra loro strettamente connesse,che intende porre a fondamento della sua metafisica:
1) Il pensiero in atto non può mai darsi simultaneamente due o più contenuti diversi. Ciascun pensiero ha un proprio contenuto determinato e viene sempre prima o dopo un altro pensiero, secondo una successione temporale nella quale non può mai darsi che due o più atti di pensiero si sovrappongano l’uno all’altro. Ciò dimostra – afferma l’Autore – che «il pensiero in atto non pensa mai se stesso che pensa ossia mentre pensa: è sempre il pensiero concreto di qualcosa, di un che di determinato, circoscritto; di un pensato che il pensiero si pone come oggetto, come se fosse altro da sé» (p. 44). Il sapere di pensare – ciò che si definisce autocoscienza – non è mai dunque simultaneo all’atto di pensiero, ma costituisce a sua volta il contenuto di un pensiero che, come tale, segue sempre un altro.
2) Lo spazio è condizione empirica (e non trascendentale) della possibilità della nostra conoscenza. Questa tesi, che considera lo spazio una realtà ontologica e non, come sosteneva Kant, una categoria a priori della nostra mente, deriva dalla constatazione che la formazione dell’immagine del mondo in noi richiede un intervallo di tempo, per quanto brevissimo, per realizzarsi; intervallo dovuto «all’esistenza di un effettivo intervallo di spazio, una distanza reale, tra noi e l’oggetto posto fuori di noi» (p. 50) che l’onda elettromagnetica della luce (o le onde elastiche del suono) devono percorrere. Lo spazio è dunque un elemento empiricamente costitutivo della nostra conoscenza sensibile.
3) Il succedersi del contenuto […] del nostro pensiero in atto […] non può aver luogo che nel tempo. Il tempo costituisce allora una dimensione reale, senza la quale i nostri pensieri non potrebbero essere: non è creato dai nostri pensieri più di quanto lo sia lo spazio dal nostro movimento. Come lo spazio, anche il tempo non è una categoria trascendentale, ma una realtà ontologica. La successione reale dei contenuti del nostro pensiero in atto si compie infatti nel tempo che, «per quanto resti impalpabile in se stesso», è necessariamente «qualcosa di reale» (p. 53), dal momento che rende possibile l’esistenza stessa della successione.
4) Il pensiero non può identificarsi tout court con la coscienza, che è solo un determinato contenuto del pensiero in atto, non il presupposto stesso del pensare. Si ha coscienza – afferma Pasqualucci – di una sensazione esteriore, di un sentimento, di uno stato d’animo, del puro pensiero. L’aver coscienza è allora «un atto di pensiero che necessariamente presuppone ciò di cui è coscienza» (p. 54). Sviluppando questa premessa l’Autore critica il principio informatore del pensiero moderno e contemporaneo, secondo il quale l’autocoscienza costituisce il fondamento implicito della nostra conoscenza, il presupposto ineliminabile di ogni nostro conoscere. La coscienza, afferma Pasqualucci, non è altro che un atto di pensiero di diversa qualità rispetto agli altri, che si inserisce nella medesima successione di pensieri di cui si compone il nostro stesso pensare.
5) Esiste un ordine a fondamento della nostra conoscenza, che si rivela già nell’ordine temporale (la successione, come tale irreversibile) del contenuto dei nostri pensieri in atto. Quest’ordine non è posto dal soggetto pensante ma deve essere da esso riconosciuto. Logica conseguenza delle prime quattro tesi è per Pasqualucci l’esistenza di un ordine ontologico a fondamento dell’unità della nostra conoscenza, ordine che il soggetto pensante si limita a riconoscere. Quest’unità, che si rispecchia nella successione, senza soluzione di continuità, dei nostri atti di pensiero, non può fondarsi (unicamente) sull’autocoscienza, quale suo presupposto implicito, ma necessita di un fondamento esplicito, costituito appunto dall’ordine dell’essere. Soggetto ed oggetto, nella loro reciproca adaequatio, vengono così a costituire quell’ordine che è quello dell’essere e del quale il nostro pensiero è solo una parte. Il concetto di verità, su cui l’Autore infine si sofferma, è pertanto basato, alla maniera di San Tommaso, sulla concordanza del nostro pensiero con un ordine obiettivo (adaequatio intellectus ad rem).
Nei cinque volumi di cui dovrebbe comporsi, alla fine, la sua opera, Pasqualucci intende affrontare una per una le tesi anticipatamente enunciate nell’introduzione. Il percorso argomentativo intrapreso dall’Autore. è comunque ben chiaro già da questa prima enunciazione ed è svolto con assoluto rigore scientifico, presentando le possibili obiezioni alle proprie tesi e confutandole una dopo l’altra. Pasqualucci vuole dimostrare la fondatezza di una metafisica del soggetto partendo dall’analisi del modo di operare del pensiero umano. Potremmo dire, partendo da una psicologia. In Pasqualucci c’è la ferma convinzione che il soggetto sia, prima di tutto, un io pensante, che ha coscienza della realtà esteriore e di quella interiore. Rimane tuttavia uno iato ineliminabile – negato parzialmente da Kant e per intero dall’idealismo – fra soggetto ed oggetto, fra pensiero ed essere, fondato sull’esistenza di un ordine obiettivo che il pensiero è in grado di «comprendere», ma che non potrà mai «ricomprendere» (p. 62). L’affermazione dell’esistenza di quest’ordine obiettivo, nel quale si rispecchia il succedersi ordinato dei pensieri umani, costituisce la tesi centrale del lavoro di Pasqualucci. È bene dire che tale affermazione implica la difficoltà di fondare un ordine oggettivo su un elemento che, a prima vista, può sembrare soggettivo, come il modo di operare del pensiero umano. L’Autore cerca di superare questa difficoltà riconoscendo un ordine e un’unità nei pensieri umani che, come tale, può giustificarsi soltanto presupponendo a monte un ordine oggettivo – e metafisico – sul quale si rispecchia. A Pasqualucci va il merito di aver condotto le sue argomentazioni attraverso un metodo di introspezione che – come egli afferma – ciascuno può fare su se stesso al fine di verificare la validità delle sue conclusioni.